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Letterina semi-seria a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,

ho deciso per quest’anno di scriverti una letterina alternativa.

Visto che ogni anno mi ritrovo a riformulare ciò che vorrei e ad ottenere qualcosa di diametralmente opposto, ho deciso di cambiare strategia: quest’anno ti dirò ciò che assolutamente non voglio, nella speranza che tu così capisca un po’ meglio cosa “portarmi”.

Non voglio una vagonata di stress inutile, non voglio persone che limitino oltremodo la mia libertà di azione, non voglio intorno a me persone che amino litigare, discutere, anche solo per il puro gusto di giocare al “più forte”. Che poi “più forte”, spesso diventa sinonimo di più imbecille.

Non voglio lotte di potere, in nessun campo. Non voglio mancanza di cooperazione e sfoggio di agonismo. Non voglio essere circondata da immaturità. Volendo, se ti fosse possibile, ti darei indietro anche la mia, che a dirla tutta, quando non si riesce a tenerla a bada nel suo angolino, mi da davvero un pochetto fastidio.

Non voglio più sentire frasi del tipo “io sono fatto così, prendere o lasciare”. Non voglio egoismo, nè cinismo. Ne faccio davvero volentieri a meno.

Non voglio freddezza nei comportamenti, indifferenza, distacco, finto o vero che sia. Non serve a nessuno: nè a chi lo prova, nè a chi lo subisce.

Non voglio tattiche, regole di gioco e mosse preordinate. Se voglio giocare una partita a scacchi, gioco a scacchi, non alla vita. Non voglio mancanza di empatia, freddezza emotiva, nè tantomeno alessitimia totale. E’ frustrante esplicitare emozioni e bisogni e ritrovarsi sempre di fronte ad un muro.

Non voglio persone ruvide, mancanti di dolcezza, tenerezza, calore. Non voglio penuria di abbracci, coccole e buone parole. Se una persona ti vuol bene, sono gesti spontanei, quotidiani e piacevoli.

Non voglio mancanza di attenzioni, piccole e quotidiane. Non voglio mancanza di quel minimo di rassicurazioni che ti fanno sentire, se ci sono, che sei amato, amabile e considerato valido e unico per qualcuno. In fondo, se io le do, perchè non dovrei desiderare di riceverle? Sarà mica poi così faticoso da mettere in pratica no?

Non voglio le complicazioni, la confusione, le relazioni fumose o comunque poco chiare, di quelle che dopo mesi ancora non hai capito dove sta il capo e dove la coda.

Non voglio chi è inaffidabile, incostante, chi dice che fará una cosa e poi non la fa. Non voglio bugie, menzogne, omissioni piazzate ad arte per confondere. La chiarezza è sempre la scelta migliore.

Non voglio chi pretende di dirmi ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, assumendo come verità indiscusse le proprie idee. Non voglio chi fa qualcosa per me, solo per ottenere qualcosa in cambio.

Non voglio qualcuno che mi rompa le scatole per portarmi in montagna d’inverno, pur sapendo che piuttosto che andarci, mi raserei a zero e andrei a fare la vucumprà sulla riviera romagnola. Non voglio qualcuno che cerchi di cambiarmi. Non voglio chi mi dice cosa devo fare per piacere e risultare attraente. Le relazioni sono frutto di una mediazione, non di un adattarsi totalmente alla immobilità altrui.

Non voglio chi mi dice cosa indossare, come truccarmi, cosa dire e fare. Non voglio chi non mi ascolta quando parlo, chi finge di non capirmi, nonostante io sia talvolta così elementare ed esplicita da risultare di una chiarezza sconcertante.

Non voglio chi dice “ti amo” e “ti voglio bene”, con la stessa leggerezza di un “ciao”. Le parole sono armi improprie e una volta dette, mantengono la loro forza all’infinito. Per questo vanno calibrate e dosate con cura e ragguardevole attenzione.

Non voglio chi mi usa per sentirsi meglio, più adeguato, più “figo”. Non voglio chi mi scambia per un punching ball, per sfogare le sue frustrazioni quotidiane. Non voglio persone che per sentirsi migliori e rialzare la propria autostima, massacrino me con inutili e gratuite cattiverie. Non voglio persone piene di sè che credano di essere Dio in persona e si aspettino per questo, adulazione e riconoscenza. Non voglio chi mi critica solo perchè non ha una vita propria e deve parlare di quella altrui per avere argomenti di conversazione. Se si ha rabbia repressa, in fondo, si può sempre optare per il dare pugni ad un sacco, senza tediare inutilmente il prossimo!

Non voglio chi non è disposto a fare metà del tragitto, chi non mette in discussione le proprie abitudini, chi impone il proprio stile di vita sul quale doversi adattare. Non si può imporre i propri paletti agli altri: se ci si relaziona, si deve essere disposti a ridiscuterli almeno in parte, inevitabilmente.

Non voglio chi si loda, chi si autoincensa, chi crede di avere i problemi più gravi dell’universo, chi si autocommisera, chi non sa parlare ed interessarsi d’altro che di sè stesso, chi non ha mai tempo per gli altri.

Chi è troppo centrato su sè stesso, finisce per non vedere ciò che accade ad un palmo dal suo naso.

Non voglio chi ti sorride fintamente, chi ti saluta calorosamente solo per cortesia, chi ti giudica da come ti vesti, che macchina hai, quanto guadagni e che persone frequenti. Preferisco di gran lunga l’indifferenza alla falsità e alla superficialità.

Non voglio chi non ti dice in faccia che ti detesta, chi non accetta le differenze altrui come risorsa, chi esclude il diverso. Non voglio etichette nelle quali includere le persone e non voglio etichette per includere me. Etichettare è solo un modo per incasellare ciò che crediamo diverso da noi, rassicurarci e sentire che apparteniamo al club giusto e che esistono persone “migliori” come noi, che ne fanno parte.

Non voglio dover sempre dimostrare con fatti accessori il mio affetto per le persone. L’affetto si percepisce dalle cose importanti, non dalle infinite microscopiche vicissitudini quotidiane.

Non voglio regali obbligati, non voglio chi crede che l’affetto si misuri in base al costo di ciò che ti regala. Detesto e rifuggo da chi dà un prezzo ai sentimenti e al loro valore.

Non voglio chi non sa accettarmi coi miei infiniti difetti, chi mi pensa superficiale solo perchè sorrido da eterna ottimista. Sorridere non significa non avere dei problemi, non rendersene conto, non fare qualcosa per reagire. Ma piangersi addosso serve a poco. Con un sorriso si riesce a cogliere meglio il bello che c’è sempre in ogni cosa, persino nella peggiore immaginabile e trovare soluzioni più efficaci.

Non voglio chi riesce a tirar fuori il lato peggiore di me. Infrequente, per mia fortuna.

Non voglio chi non è capace di essere accudente, accomodante, gentile, premuroso e attento. Tutti abbiamo bisogno di sentirci accolti e al sicuro: cosa mai ci sarà di così tanto brutto in questo?

Non voglio chi è immerso in mille sovrastrutture e costruzioni mentali e non sa godersi la vita così com’è, senza complicare il pane, in modo semplice, con gli occhi di un bambino. Complicare le cose semplici è l’arte di chi non sa affatto godersi la vita.

Non voglio chi si aspetta che gli organizzi la vita perchè non ha un briciolo di personalità, nè chi pretende di organizzarla a me, perchè di personalità ne ha pure troppa. Le cose si decidono insieme, senza fingere di giocare in squadra, giocando invece in individuale.

Non voglio chi non sa scherzare, chi è permaloso, chi prende sempre tutto troppo sul serio, chi non si sa prendere in giro con un velo di autoironia. Non voglio chi non si ama, chi chiede continue rassicurazioni, chi si destabilizza sempre se gli si fa anche la più piccola critica. Per amare è necessario prima saper amare sè stessi, sapersi prendere cura di sè, volersi bene. Chi non sa accettare critiche, non ha margini di cambiamento e come tale, non può crescere e diventare una persona migliore, giorno per giorno.

Non voglio chi non sa esporsi, dire la propria idea, confrontarsi in modo costruttivo. Non voglio chi mi porta i suoi problemi racchiusi in un sacchetto della spesa e me li lascia li chiedendomi di risolverglieli ed evitargli tutta la fatica. Ognuno si risolve il suo pezzo di vita: gli altri ci possono dare consigli utili, ma non dovrebbero mai essere costretti a fare per noi.

Non voglio chi tenta di farmi fare cose che non vorrei fare, utilizzando ricatti morali e agendo a gamba tesa sul mio senso di colpa. Non voglio chi tradisce, in qualsiasi forma, chi non sa cosa sia l’onestà, il rispetto e il senso di colpa. Non voglio chi manipola gli altri per ottenere un vantaggio personale. Non voglio chi altera la realtà per apparire vittima, essendo il peggiore dei carnefici.

Insomma, caro Babbo Natale, mi rendo conto che il compito sia arduo. Le persone non sono semplici da accontentare, ma mi sembra questa volta di averti spiegato per bene quello che davvero non voglio.

Potresti per favore per questo 2011 fare un piccolo sforzo per venirmi incontro?

Speranzosa, invio questo messaggio nell’etere e ti auguro un felice Natale.

Laura

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